giovedì 31 gennaio 2008

NON E' FRANCESCO

Marco Cedolin

Non è Francesco ma Franco Marini il nome scritto sul pizzino dal Presidente Napolitano per designare colui che avrà il compito di creare un nuovo governo in grado di farsi carico di tutte quelle riforme che gli italiani si dice invochino come s’invoca l’acqua nel deserto.
La democrazia rappresentativa sta cercando con ogni mezzo di mascherare il proprio totale fallimento e diventa ogni giorno che passa più autoreferenziale, aggrappandosi allo stereotipo secondo il quale ogni azione viene intrapresa per il “bene dei cittadini”. In realtà il ruolo del cittadino è circoscritto al momento in cui gli si chiede di mettere una crocetta sulla scheda elettorale e delegare a rappresentarlo una consorteria di soggetti politici che lo hanno imbonito attraverso una lunga serie di promesse che si guarderanno bene dal mantenere. Dal giorno dopo sarà la consorteria a decidere quello che è meglio per il Paese e per i cittadini, quasi sempre in completa antitesi con le necessità e le aspirazioni dei cittadini stessi.

La maggior parte degli italiani è contraria alla guerra, ma nel nome dei cittadini e per il bene del Paese i soldi delle loro tasse sono stati usati per finanziare le guerre in Iraq, nella ex Yugoslavia e in Afghanistan, cui vanno aggiunte le svariate missioni di pace/guerra in giro per il mondo. La maggior parte dei cittadini giudica una calamità la legge 30 e il proliferare del precariato, ma nel nome dei cittadini e per il bene del Paese i governi di centrodestra come quelli di centrosinistra continuano ad operare affinché il precariato si diffonda sempre più. La maggior parte degli italiani è contraria all’incenerimento dei rifiuti, non fosse altro perché in possesso di un minimo istinto di sopravvivenza, ma nel nome dei cittadini e per il bene del Paese il denaro dei contribuenti viene usato per sovvenzionare la costruzione e la gestione degli inceneritori. La maggior parte degli italiani era contraria all’indulto, ma meno di 2 anni fa il governo Prodi varò l’indulto nel nome dei cittadini e per il bene del Paese. La lista potrebbe continuare all’infinito e ciascuno di noi, se il suo fegato non è a rischio, può dilettarsi ad allungarla a dismisura come si trattasse di un rotolo di carta igienica.

Tornando al buon Franco, che Francesco lo è stato solo per poche ore nel corso dei mai chiariti inciuci che hanno fatto da corollario alla sua elezione alla presidenza del Senato, anche la sua designazione rientra nel novero delle occasioni in cui la politica interpreta la volontà dei cittadini in maniera davvero singolare. Dopo quasi 2 anni di governo Prodi, così disastrosi da adombrare perfino la fama di quel Berlusconi che in materia di disastri si supponeva non potesse essere superato da nessuno, la maggioranza degli italiani auspicava (come molti sondaggi stanno a dimostrare) che si tornasse al voto. Non si trattava di una scelta carica di speranza e neppure d’illusioni, in quanto la maggior parte dei cittadini hanno ormai imparato ad accettare le regole della democrazia rappresentativa come si trattasse di una medicina cattiva alla quale purtroppo si ritiene non esistano alternative, ma si trattava comunque di una scelta.
Il Presidente Giorgio Napolitano, nel nome del popolo italiano, che non lo ha mai eletto, e per il bene del Paese, ha ritenuto più giusto non sciogliere le camere ed affidare a Franco Marini il compito di tentare la costruzione di un governo tecnico il cui scopo precipuo sia quello di portare a termine le riforme che più necessitano ai cittadini,cosa che Romano Prodi (lui si eletto dai cittadini sulla base di un programma dettagliato) in quasi 2 anni di governo non è stato in grado di fare.

L’abolizione della riforma Biagi? Nuove misure affinché le famiglie possano aspirare ad arrivare alla fine del mese? L’abolizione degli odiati Cip6? Provvedimenti per venire incontro alle famiglie in difficoltà? Un piano di edilizia popolare per chi è senza una casa? Una riforma che consenta la redistribuzione dei redditi? La ristrutturazione del sistema ferroviario? Una riforma del sistema pensionistico che consenta ai pensionati di oggi la sopravvivenza (che non c’è) ed ai pensionati di domani la speranza di arrivare a percepire una pensione? Misure per il rilancio dell’economia? Un piano di tutela dell’ambiente volto a ridurre gli effetti dell’inquinamento?

Nulla di tutto ciò, Franco Marini sarà chiamato, con la benedizione di Confindustria e della CEI e di fronte all’ostilità di tutto il centrodestra che già pregustava una probabile rivincita , a mettere in atto l’unica riforma della quale i cittadini italiani mai potrebbero fare a meno, quella della legge elettorale. Perché proprio fra le pieghe della legge elettorale si gioca il futuro del popolo italiano il cui unico pensiero è rivolto alle alchimie fatte di sbarramenti, percentuali, modelli tedeschi, francesi, spagnoli e perché no marziani, visto che sul pianeta rosso possiedono leggi elettorali che garantiscono salari sostanziosi, cieli tersi e puliti, equità fiscale, sanità e giustizia che funzionano a meraviglia e mutui a tasso così basso che non devi neppure preoccuparti di restituire il capitale.

Forse Confindustria, il sistema bancario e perfino la Chiesa, ormai stufi di mantenere dipendenti inetti come Prodi e Berlusconi, hanno fatto proprio il detto secondo cui “se vuoi un lavoro fatto bene devi fartelo personalmente”. Dove con tutta probabilità Franco fallirà e neppure Francesco riuscirà nell’impresa, potrebbero invece emergere Draghi o Montezemolo, per varare il primo governo veramente ecologico. Dal produttore al consumatore, eliminando le filiere e le pastoie burocratiche, per il voto c’è tempo e ci vorranno anni perché i partiti politici trovino un accordo sulla riforma più importante per gli italiani.

martedì 22 gennaio 2008

ARRIVA IL GOVERNO DESTRASINISTRA

Marco Cedolin

Il governo Prodi sembra ormai giunto al capolinea. Dopo la fuoriuscita di Mastella e l’allontanamento di Dini per il Premier non sarà probabilmente possibile costruire nuovi scampoli di sopravvivenza fra le pieghe di un dodecalogo, come accaduto lo scorso anno.
Non si tratta di una buona notizia e neppure di una notizia cattiva, non si tratta di un colpo di scena ma semplicemente del concretarsi di tante decisioni prese a tavolino nella penombra dei bugigattoli del potere.
Una sola domanda si appresta a rimbalzare nell’universo mediatico, destinata a tradursi in tirature di giornali e audience TV, cosa accadrà adesso? Si andrà alle elezioni anticipate con la vecchia legge? Verrà creato un governo di larghe intese che realizzi una nuova legge elettorale prima di andare al voto? Nascerà un governo di larghe intese che con l’alibi di riformare le riforme tenterà di sopravvivere fino alla fine della legislatura?

Sicuramente nei salotti chic e fra la rosa intellettuale del giornalismo che conta, ipotesi e nomi inizieranno ad invorticarsi preconizzando tutto ed il contrario di tutto, mentre in quella porcilaia che è la politica dei nostri giorni gli attori grufolanti fingeranno come sempre di cambiare ogni cosa per riuscire nell’unico intento di non cambiare nulla.
Non ci saranno svolte epocali, in Italia il lavoro continuerà ad essere poco e mal retribuito e continueranno aumentare tanto le morti bianche quanto la precarietà. Continueranno ad aumentare le tasse, così come la benzina, le bollette ed i prodotti alimentari. Continuerà a peggiorare la qualità della vita così come quella dell’ambiente e non cesseranno di restringersi le nostre libertà. Continueranno a mancare i soldi per gli ospedali, la giustizia e l’istruzione, mentre finanziamenti sempre più miliardari saranno destinati alle missioni di guerra e alla costruzione di grandi infrastrutture sempre più invasive e devastanti.

Il nuovo governo di destrasinistra che sembra ormai di prossima creazione, almeno un elemento positivo in sé però lo conterrà. Ridimensionerà un poco l’ipocrisia di questa porcilaia eterodiretta dai grandi poteri finanziari ed industriali che pur dovendo rispondere ad un unico padrone, continua a fingere improbabili antagonismi ideologici, differenti sensibilità etiche, multicolori posizioni politiche.
Il nuovo governo di destrasinistra dimostrerà in maniera incontrovertibile che i partiti politici sono semplicemente ricche aziende private, sovvenzionate tramite il denaro pubblico, per rispondere agli interessi delle grandi corporation e dei maggiori istituti bancari. Smussati gli angoli fittizi, i retaggi ideologici ormai inesistenti e le peculiarità immaginarie, la porcilaia apparirà finalmente così com’è, uniforme nella sua colorazione grigio fango, senza sfumature e senza “eroi” che si dicono costretti ad immolarsi, sacrificando con sofferenza le proprie idee per il bene del governo.
Prepariamoci dunque a dare il benvenuto al nuovo, governo indipendentemente dal fatto che lo si voglia chiamare destrasinistra, sinistradestra o semplicemente centro. Quando si propongono di raffigurare il nulla le parole in fondo valgono così poco.

venerdì 18 gennaio 2008

TAV FRA DEBITO PUBBLICO E PROFITTO PRIVATO

Marco Cedolin

Se esiste un campo nel quale l’Italia da sempre eccelle, questo è costituito dal foraggiare la grande imprenditoria privata sovvenzionandola a vario titolo ed in varia misura per mezzo del denaro pubblico. Praticamente la totalità delle grandi imprese italiane, FIAT su tutte, sono diventate tali grazie alle sovvenzioni statali che hanno permesso loro di sbaragliare la concorrenza non sovvenzionata ed accumulare profitti altrimenti impensabili.
L’esempio del Gruppo Benetton che da tempo sta ottenendo cospicui utili tramite la gestione disinvolta di parte della rete autostradale italiana, costruita per mezzo del denaro dei contribuenti, sembra destinato ad essere ricalcato anche in ambito ferroviario.

Il Presidente delle FS Innocenzo Cipolletta, durante la registrazione del programma tv “Economix” di Rai Educational, si è espresso in maniera adamantina lasciando intuire al di là di ogni ragionevole dubbio quale sarà il futuro del sistema ferroviario italiano.
Cipolletta, dopo avere affermato che gli aumenti dei biglietti ferroviari continueranno anche in futuro, ha precisato che il gettito derivante da tali aumenti non si tradurrà in miglioramenti del servizio, bensì sarà destinato in larga parte a compensare il disavanzo, pagare gli interessi alle banche e sanare i buchi di bilancio del passato. In tutta evidenza i ciclopici investimenti per la costruzione delle infrastrutture per i treni ad alta velocità (il cui ammontare finale potrebbe raggiungere i 90 miliardi di euro) di disavanzi e buchi ne lasceranno purtroppo talmente tanti da assorbire gli aumenti tariffari almeno per i prossimi 40 anni.
Cipolletta ha poi lamentato le pessime condizioni in cui versano le ferrovie italiane, nelle quali durante gli ultimi anni si è investito molto poco ed ha auspicato che le FS siano messe nelle condizioni di potere acquistare i 1000 nuovi treni che sono indispensabili, non per incrementare il servizio, ma semplicemente per sostituire la grande quantità di materiale rotabile ormai eccessivamente vecchia e deteriorata.
Cipolletta ha poi ribadito che le Ferrovie (dopo avere destinato ogni risorsa alla costruzione delle tratte TAV) non hanno intenzione in futuro d’investire sui treni a lunga percorrenza. Al contrario punteranno sulle tratte inferiori ai 400 km, spingendo i passeggeri che compiono viaggi più lunghi a preferire l’alternativa dei collegamenti aerei low cost.

Dopo avere ascoltato le dichiarazioni di Cipolletta qualunque cittadino non potrà evitare di domandarsi per quale ragione, se la politica futura delle Ferrovie sarà improntata a favorire le brevi e medie percorrenze, dirottando gli altri viaggiatori verso i voli low cost, decine di miliardi di denaro pubblico siano stati investiti nella costruzione delle tratte TAV destinate unicamente a quei viaggiatori ai quali si consiglia l’aereo.

La risposta a questo cortocircuito logico sembra avere un nome NTV (Nuovo Trasporto Viaggiatori) e degli attori di primo piano, Luca Cordero di Montezemolo, Diego Della Valle e Intesa San Paolo, azionisti di riferimento della stessa NTV.
La società Nuovo Trasporto Viaggiatori ha ufficializzato nei giorni scorsi un investimento di 650 milioni di euro per l’acquisto da Alstom di 25 treni AGV di nuova generazione, adatti a correre sulle tratte ad alta velocità.
Mentre le FS che hanno finanziato per mezzo del denaro pubblico la costruzione dell’infrastruttura per l’alta velocità, ci informano per bocca del proprio Presidente Cipolletta di non avere alcuna intenzione di praticare investimenti sul trasporto di lunga percorrenza, ambito nel quale sono preferibili i voli low cost, NTV procede invece ad investimenti sostanziosi per l’acquisto di nuovi treni ad alta velocità.
L’equazione a questo punto è fin troppo semplice, risultando evidente che la società facente capo a Montezemolo, Della Valle e Intesa San Paolo si appresta, quando fra qualche anno la rete dei primi 1000 km di TAV sarà completata, a gestire il trasporto ferroviario ad alta velocità. E lo farà con l’unico obiettivo di massimizzare i propri profitti, impresa oltretutto estremamente facile dal momento che il costo dell’infrastruttura ricadrà totalmente sulle spalle dei contribuenti italiani che continueranno a pagarlo per decenni sotto forma di debito pubblico da ripianare.
La storia è sempre la stessa, impresa privata sovvenzionata con il denaro pubblico, un connubio perfetto il cui risultato è garantito.

giovedì 10 gennaio 2008

ECOBALLE E CANCROVALORIZZATORI

Marco Cedolin

Il 2008 è iniziato come peggio non sarebbe stato possibile, non solo per i cittadini di Napoli fatti oggetto di ogni sorta di angheria, ma anche per tutti gli altri italiani trattati come decerebrati da politici e disinformatori di professione che in queste ultime settimane stanno offrendo il meglio del proprio repertorio costituito da decisioni prive di ogni logica e cattiva informazione dispensata a piene mani senza alcun ritegno.
Curiosamente i cittadini che vivono nel napoletano sono assurti all’onore delle cronache di stampa e TV solamente quando, ormai esasperati oltre ogni limite, hanno deciso di scendere in strada per impedire la riapertura dell’ennesima discarica fra le tante che da decenni li stanno costringendo a frequentare in massa gli ormai strapieni reparti di oncologia degli ospedali della propria città.
L’informazione “che conta” ha deciso di farli emergere dallo stato ectoplasmatico nel quale erano da sempre relegati, solamente per stigmatizzarli come facinorosi, violenti, piromani, contestatori, teppisti, nemici dello Stato ed amici della camorra, per il solo fatto di avere osato opporsi ad una decisione imposta dal governo e da una sequela di autorità in gran parte commissariate o in fase di commissariamento. Quella stessa informazione “che conta” dormiva sonni tranquilli fatti di fogli intonsi e completa inanità quando nel 2004 autorevoli riviste internazionali quali Lancet Oncology e Newsweek si occupavano dei cittadini che vivono nel napoletano pubblicando ottime inchieste nelle quali si metteva in evidenza come il gran numero di discariche legali ed illegali fosse la causa principale della vera e propria epidemia di affezioni a carattere tumorale che ammorba pesantemente quella zona della Campania ormai tristemente nota come “triangolo della morte”.

La disastrosa situazione rifiuti di Napoli della quale la classe politica è prima responsabile insieme ad imprenditori senza scrupoli, viene presentata all’opinione pubblica come una conseguenza “dell’egoismo” dei cittadini partenopei e delle mire di una fantomatica camorra tanto impalpabile quanto utile per scusare ogni genere di nefandezza. E’ stata la politica (e non la camorra, a meno che la politica in essa si riconosca) a decidere come gestire la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti nel napoletano durante gli ultimi anni. Così come è stata la politica a consegnare tale gestione e smaltimento nelle mani delle fallimentari Fibe s.p.a. e Fibe Campania s.p.a. Così come sono state Fibe s.p.a e Fibe Campania s.p.a. società del gruppo Impregilo (e non la camorra, a meno che Impregilo in essa si riconosca) a condurre tale gestione e smaltimento in maniera disastrosa creando i presupposti per la situazione grottesca che è stata esacerbata ad arte nelle ultime settimane.
I cittadini di Pianura, come tutti gli altri che in questi giorni stanno scendendo in strada per difendere la propria salute ed il proprio futuro, hanno dovuto subire tanto la tracotanza della camorra che li avvelenava giorno per giorno con le discariche illegali, quanto quella della politica e delle imprese beneficiarie degli appalti che facevano altrettanto con le discariche spesso a torto considerate “legali”. Oggi come se non bastasse questi stessi cittadini, secondo un vecchio copione che per molti versi ricorda il calvario dei NO TAV in Val di Susa nell’inverno 2005, sono additati dall’informazione come violenti e facinorosi e bastonati da quella polizia alla quale manca perfino la benzina qualora si tratti d’inseguire i delinquenti ma non difettano uomini e mezzi quando l’obiettivo è la testa degli onesti cittadini.

Qualunque governo in possesso di una sia pur minima dignità avrebbe reagito a questa situazione imponendo in primo luogo le dimissioni di coloro che ne erano maggiormente responsabili, ad iniziare da quel Bassolino il cui “smaltimento” sembra essere assai più problematico di quello dei rifiuti. La logica avrebbe poi voluto che si riorganizzasse completamente la gestione dei rifiuti in Campania, partendo dalla costruzione di un’efficiente raccolta differenziata, magari cogliendo l’occasione per costruire un circolo virtuoso dei rifiuti che in Italia ad oggi esiste solo in poche e circoscritte realtà.

Romano Prodi ed il suo governo in tutta evidenza non hanno alcuna familiarità né con la dignità né tanto meno con la logica e le prime scelte messe in essere lo dimostrano senza dare adito a dubbi.
Gianni De Gennaro, uomo con molte responsabilità riguardo alle violenze gratuite al G8 di Genova, promosso Supercommissario per l’emergenza rifiuti, quasi si trattasse di reprimere nel sangue ogni protesta dei cittadini. L’esercito chiamato in causa accanto alle forze dell’ordine per combattere la battaglia contro i rifiuti (è proprio vero il vecchio adagio secondo il quale quando uno ha in testa un martello continua a vedere ogni cosa sotto forma di chiodo) quasi si trattasse di soldati nemici.
La costruzione di ben tre cancrovalorizzatori che anziché avvelenare i cittadini attraverso il percolato, diffonderanno le sostanze cancerogene in quantità ben maggiore sotto forma di diossina, polveri sottili, furani, idrocarburi policiclici ed altre sostanze ad alta patogenicità.

Proprio intorno al progetto dei nuovi megainceneritori sembra chiudersi il cerchio di tutta questa triste vicenda, a tal punto che l’emergenza rifiuti di Napoli è stata occasione per tanta “buona” stampa e TV di prodursi in articoli e servizi privi di qualunque fondamento scientifico che hanno vantato le mirabolanti virtù di codesti impianti, presentandoli come innovativi e puliti. La lobby dell’incenerimento, in Italia floridissima, coinvolgendo buona parte delle ex municipalizzate alcune delle quali ormai quotate in borsa, e facente capo all’illuminato Ministro Bersani ha colto al volo l’occasione, o creato l’occasione per poi coglierla al volo, e si sta producendo in una campagna mediatica senza eguali volta a qualificare i costosissimi e pericolosissimi cancrovalorizzatori come la soluzione ultima al problema dei rifiuti.

Giornali e TV hanno però dimenticato di dire che la pratica dell’incenerimento dei rifiuti non contiene nulla d’innovativo, come dimostrato dal fatto che mentre l’Italia sta spendendo tutte le proprie energie nella costruzione di questi impianti, nel resto dei paesi cosiddetti sviluppati l’incenerimento trova sempre meno consensi, al punto che perfino gli Stati Uniti ed il Giappone (le nazioni in passato più propense ad incenerire i rifiuti) da anni non stanno più costruendo nuovi inceneritori ed hanno iniziato a demolire quelli vecchi. Così come hanno scordato di rendere pubblico che la pratica dell’incenerimento dei rifiuti, contrariamente a quanto spesso affermato da parte di esperti direttamente o indirettamente a libro paga dei grandi gruppi industriali o della pubblica amministrazione, non rappresenta un metodo di smaltimento migliorativo rispetto alla discarica. Al contrario, come sottolineato anche nel rapporto dell’Associazione Medici Per l’ambiente ISDE Italia l’incenerimento si dimostra fra tutte le tecnologie di trattamento dei rifiuti, in assoluto la meno rispettosa dell’ambiente e della salute. Questo poiché la combustione trasforma anche i rifiuti relativamente innocui quali imballaggi e scarti di cibo, in composti tossici e pericolosi sotto forma di emissioni gassose, nanopolveri, ceneri volatili e ceneri residue. Così come hanno evitato accuratamente di ricordare che oltre a dimostrarsi una calamità dal punto di vista sanitario, come tanti studi stanno a dimostrare, i megainceneritori si rivelano fallimentari anche sotto l’aspetto economico, al punto che se non usufruissero in maniera fraudolenta degli incentivi statali cip6, in quanto impropriamente equiparati per legge alle fonti energetiche rinnovabili, la loro esistenza non avrebbe economicamente alcun senso. Così come non hanno informato i cittadini riguardo al fatto che la costruzione di un megainceneritore, oltre ad avvelenare l’aria ed i suoli elimina ogni prospettiva futura di gestione virtuosa del ciclo dei rifiuti in quanto annienta la raccolta differenziata che priverebbe l’impianto degli elementi come la plastica, il legno, la carta ed il cartone che più gli sono necessari per produrre le alte temperature alle quali opera.

Ecoballe, cancrovalorizzatori, polizia, esercito e perfino un Supercommissario preceduto dalla propria fama, gli elementi ci sono tutti per rendere il futuro, se possibile, ancora più grottesco del presente, ma fortunatamente l’ostinazione dei cittadini di Pianura lascia intuire come, smentendo una tristemente nota affermazione di Romano Prodi, gli italiani nutrano sempre più l’ambizione di essere migliori della classe politica che li governa con questi risultati.

domenica 6 gennaio 2008

IL PROGRESSO E' COME UN ALBERO DI NATALE

Marco Cedolin

Può capitare di soffermarsi a riflettere su quanto sia effimera l’illusione del progresso che ci accompagna fra le pieghe della nostra vita iper tecnologica, fatta di schermi al plasma, lettori dvd, satelliti, sistemi di guida intelligenti, cibi precotti, telefoni cellulari e microchip assortiti ad assisterci lungo tutto l’arco della giornata.

Sono bastati pochi giorni di blocco degli autotrasportatori per portare alla luce molte delle contraddizioni presenti in una società come quella moderna, tanto progredita tecnologicamente quanto estremamente vulnerabile a qualsiasi anomalia che ne possa mettere in crisi i delicati equilibri.
Le immagini dei consumatori che si aggiravano disperati e disperanti fra gli scaffali semivuoti alla ricerca dei pandorini ormai esauriti hanno fatto il paio con quelle delle code chilometriche davanti ai benzinai ormai più a secco di quanto non lo fossero i serbatoi degli automobilisti.
Senza TIR niente più benzina e gasolio, niente più merce da consumare, niente più merce da produrre e niente più regali di Natale. Sarebbero rimaste solamente le luminarie che addobbavano le nostre città rimpolpando i consumi energetici nonostante siano tempi di global warming ed il buon senso consiglierebbe di risparmiare energia.

Basterebbero una serie di black out indotti dalla scarsità di risorse energetiche o da qualche catastrofico evento naturale per sprofondare tutto e tutti nel caos. Computer e telefoni relegati al ruolo di soprammobili, elettrodomestici inservibili, trasporti bloccati, case ridotte ad igloo, merci ed alimenti stipati all’interno di magazzini automatizzati ed ipermercati fuori servizio, mancanza assoluta di qualsiasi coordinata necessaria per fare fronte all’emergenza.

La realtà ci sussurra impietosamente che le nostre possibilità di sopravvivenza sono appese ad un filo sottilissimo che potrebbe spezzarsi da un momento all’altro. Il nostro “progredire” ci ha resi totalmente dipendenti dal sistema di produzione e distribuzione globalizzato e dalle immense quantità di energia necessarie per farlo funzionare. Dipendenti perché ormai assolutamente incapaci di autoprodurre qualsiasi bene o servizio indispensabile per consentirci di sopravvivere. “Coltiviamo” le nostre verdure negli ipermercati, così come negli ipermercati “alleviamo” le nostre mucche, i nostri polli ed i nostri maiali ed acquistiamo ogni cosa possa esserci (o sembrarci) utile. Manteniamo in vita i nostri “cavalli” per mezzo degli oleodotti e sempre tramite gasdotti ed oleodotti riscaldiamo le nostre case, le illuminiamo, comunichiamo fra noi e creiamo quello che ci piace chiamare benessere. Abbiamo rotto tutti i ponti con il nostro passato, relegato generazioni di saperi dentro a un vecchio cassetto di cui abbiamo perso la chiave, messo alla berlina quelle pratiche di sobrietà e riproduzione durevole che avevano consentito all’umanità di sopravvivere e prosperare per millenni. Abbiamo creato il mito del consumo, coccolando lo spreco come una virtù e ridotto l’ambiente allo stato di risorsa da plasmare ed alienare a nostro piacimento. Dimenticato che siamo parte integrante della biosfera e in quanto tali la nostra sopravvivenza è legata indissolubilmente al suo stato d’integrità.

Il nostro progresso è come un albero di Natale, addobbato da palline colorate e fantasmagoriche lucine che baluginano ammaliatrici per convincerci che è tutto reale. Come ogni albero di Natale, quando le feste sono finite e arriva l’Epifania, si spengono le luci, viene riposto in cantina dentro ad uno scatolone e fino all’anno prossimo non ci si pensa più. La nostra Epifania sta sopraggiungendo a grandi passi ma purtroppo non stiamo dimostrando di essercene accorti e un intero “anno” di buio e digiuno rischia di essere davvero molto lungo.

mercoledì 2 gennaio 2008

EUROTUNNEL UN DISASTRO ECONOMICO CADUTO NELL'OBLIO


Tratto da Grandi Opere
Marco Cedolin

Tutte le volte che gli uomini politici di ogni risma e colore iniziano a suonare le grancasse dell’informazione, sostenendo attraverso l’uso di aggettivi roboanti la necessità di una nuova grande opera infrastrutturale che porterà sviluppo e benessere economico, sarebbe bene ricordare loro la triste vicenda del tunnel che collega Parigi e Londra correndo sotto la Manica.L’Eurotunnel è il più lungo tunnel sottomarino del mondo, con i suoi 50 km dei quali 39 corrono sotto il fondale marino alla profondità media di 45 metri, la sua costruzione è durata 7 anni impegnando circa 15.000 lavoratori, con un tributo di 10 morti e 1300 feriti.L’opera, inaugurata nel 1994, è costituita da tre gallerie parallele, due ferroviarie ed una di servizio nella quale possono circolare i mezzi su gomma preposti alla manutenzione e alle operazioni di soccorso.La società Eurotunnel offre complessivamente quattro tipi di servizio: i treni passeggeri Eurostar ad alta velocità, i treni navetta per passeggeri, autoveicoli, camion e autobus con autisti a bordo, i treni navetta che trasportano camion su vagoni aperti senza gli autisti a bordo dei mezzi, i treni merci convenzionali che trasportano le merci in vagoni o container.
La vera ragione per cui Eurotunnel ha fatto e continua a fare parlare di sé non risiede però nelle sue misure da record o nell’audacia di un progetto avveniristico, bensì nell’essersi rivelato un disastro economico senza precedenti, in grado di mettere sul lastrico i 741.000 piccoli investitori privati (in larga parte francesi) che hanno finanziato l’opera, alettati dalla promessa di rendimenti annui nell’ordine del 18%. La vicenda di Eurotunnel merita infatti un’attenzione particolare in quanto si tratta dell’unico caso, probabilmente destinato a non ripetersi mai più, nel quale una grande opera infrastrutturale è stata finanziata completamente attraverso il capitale privato, sotto forma di azioni della società Eurotunnel che avrebbe dovuto rientrare dall’investimento ed introitare utili attraverso la gestione dell’infrastruttura stessa. Questa peculiarità la rende una cartina di tornasole utile a comprendere la reale valenza economica di molte infrastrutture faraoniche presenti e future, propagandate come indispensabili e prioritarie dai grandi poteri economici e finanziari, deputati a spartirsi gli appalti miliardari, e regolarmente finanziate tramite il denaro pubblico. In tutti questi casi, a differenza di quanto avvenuto per l’Eurotunnel, i privati (nel ruolo di General Contractor e non d’investitori) hanno prima “sponsorizzato” con l’aiuto della politica e dei media, i vari progetti come necessari ed utili e poi provveduto, in qualità di concessionari unici, ad introitare i denari derivanti dalla costruzione delle opere, la cui gestione risulta però esclusivo appannaggio dello Stato. A causa di queste prerogative diventa molto spesso quasi impossibile riuscire a contabilizzare il reale ritorno economico dell’operazione, poiché le eventuali perdite di esercizio possono venire celate nei meandri dei bilanci statali e successivamente ripianate facendo ricorso al denaro pubblico.

Le cause del disastroso fallimento economico del progetto Eurotunnel sono sostanzialmente da imputarsi a due fattori che sistematicamente si ripropongono, sia pur in varia misura, ogni qualvolta si proceda ad analizzare una grande infrastruttura.Il primo consiste nell’aumento esponenziale del costo dell’opera che immancabilmente subisce variazioni notevolissime nel corso della realizzazione. Nel caso di Eurotunnel a fronte di una previsione iniziale di 7,4 miliardi di euro, la spesa reale si è rivelata più che doppia arrivando a superare i 15 miliardi di euro.Il secondo è determinato dall’assoluta inaffidabilità delle previsioni concernenti il futuro grado di utilizzo dell’infrastruttura. Tali previsioni molto spesso si basano su falsi presupposti di “utilità” dell’opera e finiscono per manifestarsi totalmente disancorate dalla realtà. Nel caso di Eurotunnel l’assoluta mancanza di clienti è stata determinante nel produrre il fallimento. Basti pensare che nel 2003 hanno attraversato la Manica 6,3 milioni di persone contro una previsione che parlava di 30 milioni di transiti/anno. Il traffico merci ha avuto un andamento ancora più negativo e nel 2003 sono transitate appena 2 milioni di tonnellate di merce a fronte di una previsione di 15 milioni di tonnellate/anno.Le cause dell’aumento dei costi sono imputabili a svariati fattori quali previsioni di spesa troppo ottimistiche (utilizzate per dare al progetto una patente di convenienza economica) incidenti in corso d’opera e difficoltà impreviste che hanno determinato l’allungamento dei tempi di realizzazione con conseguente pagamento di maggiori interessi alle banche.Le cause della mancanza dei clienti prospettati nelle previsioni sono da imputarsi quasi totalmente alla malafede di chi ha vaticinato volumi di traffico esageratamente sovrastimati al fine di creare quei presupposti di “necessità” che non avrebbero avuto motivo di esistere se le previsioni fossero state corrette. Nel caso di Eurotunnel, nonostante l’infrastruttura collegasse due metropoli di assoluta importanza quali Parigi e Londra con un bacino potenziale di utenza di circa 25 milioni di persone, sarebbe stato facile prevedere come, anche a causa del rilevante costo del “biglietto”, buona parte dei passeggeri avrebbero preferito il trasporto aereo, mentre la maggioranza degli spedizionieri avrebbe optato per la marina mercantile di gran lunga più economica.
Marchiani errori nella previsione dei costi dell’opera, potenzialità di traffico sia passeggeri che merci enormemente sovrastimate, scarsa competitività dell’infrastruttura con gli altri sistemi di trasporto preesistenti, hanno determinato un disastro economico senza precedenti che dovrebbe servire come monito per chiunque consideri le grandi opere fonte di benessere e ricchezza a prescindere dalla loro reale utilità.Le azioni sottoscritte dai 741.000 piccoli risparmiatori che hanno creduto nella grande “opportunità” offerta da Eurotunnel si sono praticamente trasformate in carta straccia ed hanno a oggi perso il 90% del loro valore nominale, la società Eurotunnel dopo essere già fallita una volta sta rischiando di ripetere nuovamente la brutta esperienza ed ha finora accumulato oltre 9 miliardi di euro di debiti, senza essere riuscita nel corso di 12 anni a chiudere neppure una sola volta il proprio bilancio in attivo.Nel mese di agosto 2006 il Tribunale civile di Parigi ha concesso alla società Eurotunnel la procedura di salvaguardia, evitandone in questo modo l’immediato fallimento e congelando il debito di 9 miliardi di euro. Tale procedura comportava un periodo di “osservazione” durante il quale le parti in causa avevano il dovere di tentare un accordo ed il Tribunale si impegnava a fare un’analisi economica e sociale della situazione. Al termine di tale periodo, nello scorso mese di maggio 2007, la maggioranza degli azionisti (87%) ha approvato un piano di ristrutturazione del debito che mira a salvare la società dal fallimento. Il debito di 9 miliardi di euro è stato tagliato a circa 4 miliardi di euro ed è stata costituita una nuova società “Groupe Eurotunnel” i cui debiti (il residuo di 4 miliardi di euro) saranno coperti attraverso un prestito a lungo termine garantito da un consorzio di banche.
Tra i maggiori istituti bancari che hanno permesso ad Eurotunnel di sopravvivere e continuare ad accumulare nuove perdite anche nel futuro, spiccano Goldman Sachs, Deutsche Bank e Citygroup.
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